IL TERRITORIO
Si affaccia sul Tirreno con una costa lunga 32 km, incuneandosi tra la Campania e la Calabria. Ricca di sorgenti, fiumi e torrenti, si estende per oltre 67 km quadrati, tra ubertose valli e colline, con i monti di Coccovello (m. 1508) Cerrita (m.1083) Crivo (m.1277) e Minerva, ora S. Biagio (m.623), che le fanno corona, avendo alle spalle i Parchi del Cilento e del Pollino. La sua popolazione, che superava le settemila unità, si è ridotta a causa dell’emigrazione, che ha fatto seguito all’Unità d’Italia. Conta ora 5194 abitanti presenti nel centro storico del Borgo, nella valle che degrada con le sue colline dai monti al mare e nelle frazioni marine di Acquafredda, Cersuta, Fiumicello, Porto, Marina e Castrocucco e montane del Castello - Santa Caterina, Massa e Brefaro.
LA STORIA
Maratea condivide con altre sette località della Grecia il suo nome, che significa “il luogo dove cresce il finocchio”, pianta che vi vegeta ancor oggi abbondantemente.
Il primo insediamento umano sul suo territorio risale al XV secolo a.C.: sono pastori di “Civiltà Appenninica”, che scelgono il promontorio di “Capo la Timpa”, quasi a metà della fascia costiera, in posizione prominente sul mare e perciò strategica sia ai fini della navigazione e dei commerci, sia per ragioni di difesa.
Nel VI secolo a.C., mentre continua a vivere l’insediamento di Capo la Timpa, altri nuclei si attestano nella fascia costiera, a Castrocucco, ove gli scavi archeologici hanno riportato in luce una necropoli del IV secolo a.C., con tombe ad “ustrinum” e alla “cappuccina” e nell’immediato retroterra, a Massa.
La campagna di archeologia subacquea, disposta dal Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, ha restituito vasi del VI secolo a.C. di area ionico-massaliota, assieme ad altro vasellame romano e punico e con essi ben 64 ancore.
Sempre sulla costa, a “Capo la Secca”, altro insediamento lascia la testimonianza di un impianto della salsa tanto apprezzata da greci e romani, il “garum”, ma anche di altra salagione di pesce, con due vasche di forma quadrangolare, posto a ridosso di una splendida villa, dove esiste un approdo naturale, mentre sull’isolotto di Santo Janni si rinvengono i resti di un’ara e di un impianto per la produzione e il commercio del “garum”, costituito da ben sette vasche allineate tra loro e poste a quote diverse, oltre i ruderi di una laura basiliana.
E’ molto probabile che il porto greco-romano abbia occupato lo spazio di mare compreso tra “Punta della Matrella” e “Santo Janni.
Sempre lungo la costa, in contrada “Santavenere”, sono stati rinvenuti, secondo la testimonianza di Andrea Lombardi, di inizio ‘800, i resti di un tempietto in fabbrica reticolata, dedicato a Venere, mentre, secondo una antica e radicata tradizione, altro tempio, dedicato a Minerva, sarebbe sorto sulla cima dell’omonimo monte, sul sito occupato poi dal tempio della Thetokos, poi S. Biagio, che ne avrebbe utilizzato in parte marmi di risulta. Ed è appunto su tale monte che si costituisce il primo nucleo abitativo, che prende il nome di Marathea o Marathia.
Sulla medesima fascia costiera (come già indica Plinio) e appena a sud di Castrocucco, la stessa Blanda, città lucana, conquistata da Roma, giusto quanto riferisce Livio, nella II guerra punica (214 a.C.), con l’avvento della nuova Era cristiana, diviene Diocesi, come risulta dalla lettera di papa Gregorio Magno a Felice, vescovo di Agropoli, nel 592 d.C.. Nella stessa località di Castrocucco sono state rinvenute, nella suddetta necropoli, tombe di una comunità cristiana (IV sec.) ed una lucerna col simbolo del “Crismon”. Dalla fine dell’VIII secolo non si hanno più notizie di Blanda, che forse scompare per calamità naturali o forse per le micidiali incursioni saracene. È probabile che la sua gente fuggiasca abbia trovato accoglienza nel nucleo abitativo marateota sul monte Minerva. Sta di fatto che, da quel tempo in poi, si verifica un incremento demografico non più contenibile nel piccolo nucleo arroccato sulla cima del monte. Incomincia allora l’insediamento da parte della popolazione marateota nello spazio che si estende a piè del monte. In esso si registra, intorno al Mille, un secondo nucleo abitativo, che si chiamerà “Borgo”, così distinguendosi dal primo insediamento, che ha preso il nome di “Castello”, che già dal V-VI d.C., ha accolto i monaci orientali, che, seguendo prevalentemente la Regola di San Basilio, si diffondono nell’Italia meridionale. Da allora Maratea, che dal IV secolo a. C. ha fatto parte della Lucania e poi della Regio III Augustea, entra nella Provincia bizantina, che si chiamerà Basilicata (nome che compare per la prima volta in un documento del 1175).
I monaci orientali caratterizzano la storia di questa terra con la loro vita di ascesi, di studio e di raccoglimento, donde i numerosissimi eremi, laure e cenobi e la significativa produzione agiografica, calligrafica e melodica, ma, anche, insegnando e diffondendo tecniche di bonifica, di canalizzazione e di coltivazione, nonché di costruzione di edifici sacri e civili. Nel 732, secondo la tradizione, approda sull’Isolotto di Santo Ianni l’Urna delle reliquie di San Biagio vescovo, medico e martire di Sebaste.
Nel 1079 una bolla di Alfano I si riferisce alla città di Maratea (con le prime due parrocchie di Maractie e Castrocucco), che due anni prima (1077) è entrata a far parte dei territori ormai di dominio normanno.
Al tempo di Federico II (1194-1250), Maratea entra nell’ordinamento territoriale del Giustizierato, comparendo nei registri della Cancelleria sveva ed in particolare nel documento del 5 ottobre 1239, in cui l’Imperatore detta disposizioni che obbligano gli “homines" di Viggianello, Rotonda, Castelluccio, Lauria, Aieta e Papasidero a provvedere, ovviamente insieme ai marateoti, al mantenimento in funzione del “Castrum Maractie”.
Con gli Angioini Maratea è riconosciuta “Città libera”, ossia non infeudata, privilegio che viene confermato dagli Aragonesi e, successivamente da Ferdinando III di Spagna (1506). L’imperatore Carlo V, le attribuisce (donandole l’attuale stemma, che sostituisce la Sirena), il titolo di Città (1531), dopo che i marateoti si sono riscattati dalla cessione in feudo operata dal cardinale Colonna a favore del conte Carafa. Il Vicereame spagnolo conferma i privilegi di Città Libera e, per meglio tutelarla, affianca ai già esistenti Castello di Castrocucco e Torre “l’Imperatrice” o l’“l’Imperatore” di Santavenere, nella seconda metà del 500, le torri costiere, dette di avvistamento anti-saraceno o fumaiole dei Crivi, di Acquafredda, di Apprezzami l’Asino, di Filocaio e di Punta Caina. Ma Maratea, già nel corso del XV secolo dovrà difendere la sua autonomia, prima contro il conte Sanseverino di Lauria, che fa cingere d’assedio il Castello (1440) e poi dall’esercito francese di Carlo VIII, che tenta parimenti di espugnarlo (1495).
Illustri cittadini marateoti partecipano alla gloriosa e sfortunata Repubblica Partenopea del 1799, ma l’aggressione dell’esercito francese, al tempo di re Giuseppe Napoleone, divide il Castello filoborbonico dal Borgo, prevalentemente filofrancese ed il Castello, con le sue mura fino allora inviolate, deve cedere alla preponderante forza francese il 10 dicembre 1806, sia pure con l’onore delle armi.
Maratea è tra i centri che pacificamente aderiscono all’annessione al Regno di Italia, nel plebiscito del 21 ottobre 1860, ma subirà, come gran parte della popolazione del Mezzogiorno d’Italia, l’emorragia dell’emigrazione.
Negli anni ’50 viene industrializzata, ma anche inserita nei circuiti turistici internazionali e dotata di un elegante porto turistico.
Nel 1964 il Ministero della Pubblica Istruzione la ritiene meritevole di tutela, sottoponendola a vincolo, a norma della legge 1497/1939, vincolo che il Ministero per i Beni Culturali e Ambientali rinnova e meglio definisce nel 1985.
Negli anni ’90 entra nella Rete Europea di protezione ambientale “Natura 2000”.
Nel quarantesimo anniversario della Costituzione italiana entra a far parte degli storici “100 Comuni d’Italia”.
Il Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, con provvedimento del 10 dicembre 1990, le conferma il titolo di Città.
Insigne è il suo patrimonio culturale, costituito, oltre che dalle aree archeologiche suddette, da 44 Chiese, cinque Conventi, Steli e Colonne, palazzi storici e splendide ville, pubbliche e private, da un eccellente sistema scolastico, dal Museo, la Biblioteca e l’Archivio, dal Centro Operativo Misto del Ministero per i Beni Culturali e da altre Istituzioni quali un Centro Culturale e l’Ente Morale “De Pino Matrone Iannini”.
Intanto diventa meta ambita di turismo piuttosto elitario, “location” per opere teatrali, per films e servizi televisivi, paradiso dei subacquei, ma anche sede di Premi letterari, cinematografici, teatrali e giornalistici, di Congressi nazionali e internazionali. Del nome di Maratea si fregia un aereo della flotta Alitalia e una berlina della Fiat. Da anni le bandiere blu e delle cinque vele attestano la ottima qualità del mare e delle spiagge, della gestione del territorio, dell’educazione ambientale e della promozione del turismo sostenibile.